Chiesa Madre

Il nome di Maria SS. della Luce ("Sancta Maria Domina Lucis") dato alla prima chiesa di Acquaviva, deriva da una chiesa frequentata dal principe Spadafora (fondatore del paese) ed eretta a Messina nel 1629 per onorare l'antico quadro miracoloso della Madonna detta di San Luca, che da Randazzo era passata alla città dello Stretto in quegli anni. In un atto di morte del 16 ottobre 1673 il vice curato di Acquaviva annotava: <<… e fu seppellito nella Madre Ecclesia S. Maria della Luce della Terra di Acquaviva… >>. Teologicamente il titolo più preciso è quello di Santa Maria Madre della Luce: perché per Luce è da intendersi il "Verbo incarnato" ed equivale a  "Madre di Dio". La statua secentesca della "patrona" (titolare della parrocchia) che si venera all'altar maggiore della chiesa matrice, esprime bene questo concetto tenendo in un braccio il Bambino Gesù e in mano una fiaccola di luce: realtà e simbolo.  

(Sancta Maria Domina Lucis)

A metà del sec. XVIII in Acquaviva vengono battezzate neonate col nome di Luce; più a lungo resterà in uso il nome di Illuminato, ch'è l'equivalente maschile. 
La prima chiesa di Acquaviva dalla Curia vescovile, al tempo agrigentina,  fu considerata canonicamente cura della parrocchia più vicina, ch'era quella di San Giovanni Battista di Mussomeli, dove si amministrarono battesimi e matrimoni di acquavivesi fino al 1734. Nella curia di Acquaviva furono notate solo le morti. Il primo nome dei vicari curati segnati nel più antico registro della matrice di Acquaviva (1671) è quello di un sac. Francesco Ciaola; i nominativi che si succedono, sono quelli di sacerdoti di paesi viciniori, specialmente Mussomeli. Il primo nome di sacerdote acquavivese registrato è quello di don Santo Calà (senior), già attivo nel 1702. 
Nel '600 la chiesa fu dotata della già citata statua della Madonna della Luce. Scolpita in legno e molto bella nel volto, presentava alcuni difetti di panneggio nel corpo, che furono eliminati dallo scultore concittadino cav. Luigi Maniscalco nel 1936. 
 
(Interno: altare maggiore)

L'edificio sacro fu in seguito "ampliato e migliorato" dai nuovi signori del feudo specialmente dal duca Francesco Oliveri e Gisulfo che a metà del 1700 introdusse all'edificio sacro "varie riforme" e "lo ridusse in buono stato, a seconda dei bisogni della popolazione già accresciuta". In quell'occasione fu praticata la porta laterale della chiesa per maggiore comodità dei fedeli, per cui venne abbattuto un altare preesistente; fu costruito il pulpito, furono fatti eseguire dal pittore Vito Lipani gli affreschi nella volta della navata centrale, ecc. Il figlio, duca Pietro Oliveri e Migliaccio, fece eseguire nel 1785 la grande porta centrale dal bravo artigiano acquavivese Agostino Lodato; nonché l'organo, che nel 1792 montato da Giovanni Guasto di Mussomeli, nel 1914 sarebbe stato rimesso a nuovo "per devozione della Cassa Rurale", come si leggeva sul frontone. 
Ancor prima della proclamazione del dogma nel 1854, una artistica statua dell'Immacolata veniva posta in un altare laterale, opera di autentico pregio del Bagnasco. 
Alla scuola palermitana dello stesso scultore viene attribuito anche il venerato simulacro di San Giuseppe, posto nella prima cappella della navata laterale destra.

 (San Giuseppe)

La famiglia Fontana dotò la chiesa di paramenti sacri riccamente decorati e fece erigere l'altare del SS. Crocefisso, con una statua lignea molto bella; ma la domenica 22 settembre 1867, giorno della festa, per alcune torce lasciatevi accese, nelle prime ore del pomeriggio l'altare prese fuoco e il Crocifisso ne fu sfigurato. Un  brutto restauro fatto dal P. Antonino Langela, di Mussomeli, fu fortunatamente sostituito sulla fine del sec. XIX
(1890) dall'attuale opera d'arte dello scultore castelterminese Michele Caltagirone, detto il Quarantino. La festa del SS. Crocifisso, patrono di Acquaviva Platani, viene celebrata la domenica successiva al 14 di settembre, festa liturgica della "Esaltazione della Santa Croce".

(SS. Crocifisso delle Grazie)

Due quadri meritano accenno: il San Biagio di Calogero Provenzano (della famiglia dei noti pittori di Palma di Montechiaro), eseguito intorno al 1873 e non più esistente; e il Sant'Alfonso de' Liguori, di minori proporzioni, ma di maggior valore artistico, fatto eseguire dalla signora Vincenza Bona in Giudici, intorno al 1863, dal celebre ritrattista palermitano Salvatore Lo Forte. Il quadro è ancora conservato, ma necessita di qualche restauro. Nel 1861, alla morte, in età avanzata, dell'arciprete Giovanni Pitonzo, la chiesa parrocchiale si trovò in deplorevoli condizioni (secondo una testimonianza coeva) per cui, succedutogli in qualità di Economo curato il sac. Gaetano Scaduto di Mussomeli, provvide a vasti restauri (il pavimento fu ricoperto di mattonelle maiolicate, con gusto ancora settecentesco) eseguiti intorno al 1872, insieme con opere di decorazione degli altari. Ma, nelle necessarie variazioni di alcune strutture all'edificio sacro andarono via gli stemmi della casa Oliveri - una colonna cimata da una colomba - fatti sistemare nel sec. XVIII dal duca Francesco Oliveri e Gisulfo sul pulpito, nella inferriata dell'altare del SS.Sacramento (allora nella navata di destra del prospetto) e sulla porta laterale d'ingresso. Inde, irae… ducali, chè don Francesco Oliveri e del Castillo, in quell'anno 1872, pur "ammirando lo zelo" dello Scaduto, si arrogava ancora il giuspatronato laicale sul sacro edificio e ricorse al regio Pretore di Mussomeli per il ripristino degli stemmi; ma la pratica non ebbe seguito. 
(Interno: navata centrale)
Nel 1908 l'arciprete Gugliuzza poteva costatare che le mattonelle colorate s'erano screpolate a tal punto nello smalto, che la chiesa restava per gran parte pavimentata con mattonelle di terracotta polverose e antigieniche, oltre che antiestetiche. Nel 1915 si erano eliminati i loculi cimiteriali sottostanti al pavimento della chiesa; le salme furono trasferite nell'oratorio accanto; il pavimento fu abbassato con una platea di calcestruzzo e la cappella del SS. Sacramento arricchita con decorazioni di stucco goticizzanti; ma, soprattutto, fu rifatto il pavimento con lastre di marmo di Carrara, di cm. 50 per lato. La spesa di questa sola opera fu preventivata in ragione di £. 2922,62 (del 1908), delle quali solamente £.200 vennero erogate dal Fondo dei culti del Ministero di grazia e giustizia e, per giunta, in forza dell'interessamento di sua maestà la Regina-Madre Margherita di Savoia, invocato dall'arc. Gugliuzza.
Altro restauro alla chiesa fu eseguito nel 1927 dall'arc. Giuseppe Di Prima, con il concorso del popolo, "dal pavimento alle volte", come diceva una lapide encomiastica posta all'ingresso. I lavori furono progettati e diretti dal geom. Giuseppe Costanzo e costarono, tra il 1926 e il 1927, £. 28.267,96. Le decorazioni e gli stucchi forono eseguiti da Alessandro Mazzara, di Campofranco, e le pitture da Luigi Maniscalco, di Acquaviva, cui si deve anche il restauro della statua del S. Cuore di Gesù. Per cooperazione della signore Assunta Giannino furono eseguite la statua e la cappella di S. Antonio di Padova; a nome di Teresa e Angelo Borgia fu restaurato l'altare del SS. Crocifisso; con le contribuzioni del ceto contadino venne posta in un proprio altare la nuova statua di S. Antonio Abate. Altri restauri, nel 1940 e nel 1944, furono apportati alla chiesa-madre dall'arc. Gaetano Raimondi. In questa occasione fu ampliata la canonica, sostituita la bella gradinata di pietra scolpita, eseguita su progetto dell'ing. Alessandro Lazzarini nel 1886, e la pavimentazione della chiesa. 

Dal 1970 al 1973 ebbe luogo il generale restauro, interno ed esterno, delle strutture e degli ornamenti della matrice, fatto eseguire dall'arciprete Mons. Pietro Mendola, su progetti dell'ing. Vincenzo Barone. Le decorazioni pittoriche sono di Giuseppe Petruzzella. 

Su nuova pianta è stata ricostruita la casa canonica, sita in piazza Mons. Cosimo Lanza.